Le botte segrete

di Riccardo Rizzante


Alfieri sbassoTra i più forti miti costituiti della scherma, senza ombra di dubbio possono porsi le cosiddette "botte segrete", delizia degli scrittori di feulleittons d'ogni epoca quanto delle schiere di appassionati pronti non solo a sognare sulle stoccate dei loro beniamini di carta, ma anche a miticizzare i più famosi schermidori di ogni epoca che ne fecero, più o meno plausibilmente, uso.

È facile, nella nostra epoca prodiga di conoscenze superficiali e cultura telematica ad uso e consumo di curiosi più o meno interessati, lasciarsi andare ad un ironico sorriso ovvero ad una vera e propria sganasciata di fronte a tale argomento, convinti come siamo di sapere – o di poter arrivare a conoscere velocemente – tutto o quasi. Ma la scherma non è mai stata un blocco granitico di conoscenze acquisibile per sé; quanto piuttosto un insieme organico e quindi mutevole di conoscenze, intuizioni e tradizioni nazionali se non locali o personalistiche.

Celebre botta di JarnacNei secoli di sviluppo iniziale della scherma più scientifica e metodica, ovvero i secc. XV, XVI e XVII, ogni nuova intuizione, anche grazie alle nuove scoperte tecnologiche per la costruzione delle armi, poteva assurgere, almeno fino ad una sua diffusione più ampia, spesso a mezzo della stampa di un trattato riccamente illustrato, a "botta segreta" venduta a caro prezzo a gruppi ben selezionati di gentiluomini dalla spada facile e dalla borsa pesante.

Poco ma sicuro, tra i colpi della famiglia suddetta, ha e avrà fama imperitura il famigerato "colpo di Jarnac", usato da Guy de Chabot conte di Jarnac nel di lui duello contro François de Vivonne, duca di Chastaigneraie, quest'ultimo tra le altre cose parente di quel Brantome che scrisse un libro dedicato agli aneddoti cavallereschi alla corte di vari re di Francia, sotto il regno di Enrico II; per la precisione il 10 luglio 1547. Secondo alcuni, né più, né meno che una finta al capo seguita da un colpo alla gamba. Tecnica che oggi potrebbe suscitare poco più di un'alzata di sopracciglio. In quanto le finte sono argomento schermistico che gode di notevole trattazione ed elaborazione. Ma poco ci vuole per convincersi quanto dovette guadagnarci il soldato italiano Caizo, capitano delle lance del re, il quale a quanto pare suggerì allo Jarnac l'intelligente tattica di cui sopra. A questo episodio seguirono, tra l'altro, fiumi d'inchiostro sulla legittimità o meno di un colpo portato alle gambe.

Capoferro - scansoDa non dimenticare, comunque, nonostante l'inossidabile notorietà miticizzata del duello di cui sopra, come fosse già nota, per non dire comunemente accettata, agli "addetti ai lavori" schermistici, la possibilità di colpi ai garretti; un esempio è ben descritto, per citarne solo uno tra i vari, da Achille Marozzo nella sua opera del 1536: "Sicché metteremo in questo principio che lui faccia la prima stoccata; io voglio, che facendo lui detta stoccata, tu passerai col tuo piè dritto in verso le sue parti manche, e in questo passare, tu urterai del falso della tua spada di sotto in suso nella stoccata sua, et li darai un riverso segato per le gambe". Bersaglio il quale, a quanto pare, doveva invero essere particolarmente indigesto ai francesi, essendovi resoconto di un altro duello avvenuto tra un capitano italiano ed uno guascone, svoltosi a Monterotondo, nei pressi di Roma, in occasione del viaggio di Monsignor di Guise nel 1547. Ebbene, il sodato d'oltralpe, reo d'aver offeso l'onorabilità di tutti gli italiani, finì azzoppato e col carattere evidentemente smussato del suo lato, appunto, "guascone"!

Marcelli - sottobottaVera e propria fucina di queste botte furono poi i grandi padri della scherma del XVI secolo, quali Giganti, Capoferro, Alfieri oppure Marcelli (cui si attribuisce l'invenzione della "sottobotta", che resterà nella tradizione come "passata sotto"), con le loro riunite, sbassi e volte di vita (inquarti), le quali entrarono di diritto nel bagaglio tecnico soprattutto italiano. Ma quale meraviglia dovettero provocare negli occhi di chi le vide applicate per la prima volta! Ed esenti da questo mito costituito, non furono certo i francesi, soprattutto quando il loro carattere scolastico nazionale era più o meno agli inizi.

Le Perche - Mano sinistraParticolarmente curiosa è la tecnica mostrata da Jean Baptiste Le Perche, ove, in caso l'avversario blocchi improvvisamente con una presa il proprio braccio armato, è specificatamente previsto l'impugnare improvvisamente la propria spada per il medio-forte (ovvero la parte di lama tendente alla coccia, spesso poco o nulla affilata, specialmente in quelle spade che sempre più andavano definendo i francesi, studiate quasi esclusivamente per il gioco di punta) con la mano sinistra e, aiutandosi in difesa col braccio, tosto infilzare l'altro con un colpo "ben forte, portando il corpo all'indietro". In fondo, una botta è "segreta" fino al momento in cui nessuno può raccontarla; solitamente per non aver altro fiato nei polmoni se non quello per sputare un ultimo fiotto cremisi. Oppure ella è "segreta" per il semplice fatto di non avere la benché minima idea di quale sia lo stile del proprio avversario e ci si lasci comunque andare ad imprudenze eccessive.

Leggendaria botta di NeversE cosa dire poi della mitica e leggendaria "botta di Nevers", sempre infallibilmente terminante con un colpo di punta tra i due occhi, descritta con tanta e tale dovizia di particolari dal romanziere Paul Féval nel suo "le Bossu" (da noi tradotto agli anni che furono non solo come "il Gobbo", ma molto più spesso come "Il Cavaliere di Lagardére"). Tra chi legge il presente e abbia familiarità con l'opera appena citata, dubito non ci si sia scervellati almeno una volta per cercare di comprendere gli arcani dell'invincibile botta e magari dare una amichevole lezione in Sala d'Arme ad uno dei propri compagni, prendendosi magari anche il plauso ammirato degli astanti! E Feval descrive dettagliatamente, per quanto confusamente, il gioco da praticare per ottenere il mortale risultato, utilizzando espressioni comuni al bagaglio terminologico della scherma. Peccato che, come avrà a confessare il di lui figlio, lo scrittore ignorasse perfettamente l'arte stessa dello schermire e fu in grazia al suo talento di scrittore illusionista che riuscì a creare delle figure di spadaccini e di maestri d'arme perfettamente verosimili.

Corsaro neroRicchissimi esempi poi ci arrivano dalla sterminata produzione letteraria di Emilio Salgari ed in special modo nel suo ciclo dedicato ai corsari caraibici. L'immortale figura del Corsaro Nero esegue contro i malvagi di turno mortali "botte di cartoccio" (i "cartocci" sono una famiglia di "botte" genericamente eseguite attraverso l'improvvisa sparizione del proprio corpo verso il basso, ancor oggi in uso nella scherma di stampo più tradizionale o classico e spesso soggetti a piccole variazioni tra un maestro e l'altro, essendo la scherma materia meravigliosamente duttile quando in mani capaci. Ma Salgari, per quanto si appoggiasse alla sua impareggiabile vena creativa, non era digiuno dell'arte della spada, come si può desumere dalle parole amorevoli del figlio Omar, il quale rimembra il padre mentre costruiva le scene di combattimento più concitate con l'aiuto dei figli e qualche bastone in mano, essendo considerata la scherma "l'assiduo esercizio educativo che doveva primeggiare in casa" (O. Salgari, Mio Padre Emilio Salgari, Milano 1940). E la fantasia dei romanzieri arriva ancor oggi a far sognare i romantici della nostra epoca; non ultimo Arturo Perez-Reverte il quale, nel suo – bellissimo – romanzo "il Maestro di Scherma", attribuisce al protagonista, Don Jaime Astarloa, una botta "da duecento scudi", svelata per la notevole somma solo secondo il personale desiderio del suo inventore.

Per cui, una volta che la scherma acquisì quella sua completezza ideologica e tecnica che nella sua ossatura principale per molti versi perdura fino ai giorni nostri, è ancora possibile parlare di "botte segrete"? Sopra ogni altro aspetto, risulta evidente, piuttosto, che vi sono e vi saranno sempre dei tiratori i quali, a seguito di studi mirati ed esperimenti continui, arriveranno a possedere quella che più ragionevolmente andrebbe chiamata "botta caratteristica", che essi sapranno eseguire con destrezza e velocità considerevoli. Per ribadire una posizione già espressa, qualora si dovesse affrontare un duello (pratica oggi fortunatamente obliata), oppure incrociare il ferro con un tiratore mai affrontato prima, ovviamente non si conoscerebbe affatto il gioco dell'avversario ed il colpo in questione, "segreto" o "caratteristico" che sia, potrebbe arrivare inaspettato ed imparabile. Ma la differenza sta tutta nell'impostazione mentale e tattica, appunto: nel caso feroce del duello, quella botta potrebbe risultare fatale; mentre nel caso di un assalto al massimo chiamerebbe per una rivincita. Ed il colpo eventualmente posseduto così bene dal nostro avversario potrebbe non avere nuovamente successo. In poche parole, abbiamo tracciato quella che sostanzialmente è la differenza più grande tra uno schermidore ed uno spadaccino – o duellista che dir si voglia: il primo è dal punto di vista artistico spesso molto più elaborato, elegante e completo; il secondo è magari – ma non necessariamente - molto meno preparato tecnicamente, ma spesso gode di una freddezza e capacità tattica superiori.

Opinione di chi scrive, stante le proprie esperienze personali, è che lo schermidore deve essere preparato tecnicamente e fisicamente secondo tutti i crismi della tradizione, senza però mai perdere di vista le necessità tattiche sul terreno, dove, per dirla volgarmente, "si usa ciò che funziona". Questo non giustifica comunque atteggiamenti pessimi quali "chi tocca ha sempre ragione" oppure "sul terreno si deve usare ogni metodo" che troppo facilmente potrebbero spuntare anche nelle discussioni più erudite sull'argomento.

Castigo di DioNella storia recente, abbiamo, nonostante tutto, plurimi esempi di queste botte "segrete" o "caratteristiche", su cui credo valga la pena soffermaci un altro po', fornendo alcune figure peculiari che sicuramente alletteranno il lettore di questo breve articolo.
Tra i nomi più famosi, sicuramente svetta Turillo di San Malato, Barone d'Infersa, padre dell'altrettanto famoso Athos di San Malato. Professore emerito di scherma, apripista, dopo lunghi anni di reciproca ignoranza, del conflitto cortese tra le scuole di scherma più famose del mondo, l'italiana e la francese, quale notevole impressione dovette fare nella platea parigina per i suoi modi, le sue vesti, la sua energia!… E, non ultimo, la sua "botta segreta" passata alla storia: "il Castigo di Dio". Nuovamente una botta di cui si ha notizia, vuoi per l'entusiasmo delle riviste d'oltralpe quali "l'Escrime Française", solo in occasione delle prime imprese del San Malato padre nei primi anni '80 del XIX secolo: non fosse altro per il fatto che ne fece dimostrazione in occasione di assalti accademici di fronte ad un numeroso pubblico. Il piccolo prezzo per l'immortalità evidentemente, visti anche i decenni attraverso i quali questa botta è stata poi ricordata a più riprese.
Ci sono probabilmente esempi a bizzeffe che invece non sono arrivati alla nostra conoscenza per il semplice fatto di non aver mai avuto pubblica dimostrazione.
Credo valga la pena a questo punto accennare alla fortuna che io ed alcuni amici avemmo, nel recente passato, nel poter godere, durante una lezione aperta a pochi selezionati, della "botta caratteristica" o "segreta" o "peculiare" che dir si voglia, creata dal Maestro Ramon Martinez nella spada da terreno. "Botta" che certo non svelerò, nemmeno tramite vaghe parole, in questa sede.

Thomeguex

 

Capoferro - Colpo in tempoAltra figura di spicco relativamente all'argomento di cui stiamo parlando è quella del Sig. Thomeguex, duellista e scavezzacollo molto conosciuto tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, soprattutto per la sua propensità a cercar guai o a crearne in mancanza (finì pure a duello col ben più famoso Eugenio Pini). Ebbene, la storia ci riporta il personaggio come un corpulento omaccione il quale a molte attività parrebbe portato tranne la scherma. Eppure, più di un inesperto, ingannato dalla figura corpulenta ed attirato a mirare verso l'ampio ventre da un ben studiato invito, si trovò in balia della "botta caratteristica" nella quale il Thomeguex era specializzato: la riunita. Facendo così finire la punta della sua spada direttamente sul volto, il petto od il braccio del malaccorto.

Agesilao Greco - riunita

Aurelio Greco - riunita"Riunita" (o, forse meglio, "colpo in tempo") che poi entra nel bagaglio della spadistica moderna. O meglio sarebbe dire rientra, visto che anch'essa nasce in quella fucina di idee che è l'Italia del XVII secolo. La troviamo dapprima bene sviscerata da autori già citati quali Giganti e Capoferro, per poi vederla fortemente consigliata da Maestri del calibro di Jules Jacob (considerato il padre della moderna spaditica) e ovviamente altrettanto contemplata da due dei principali padri della spadistica moderna italiana, i fratelli siciliani Aurelio ed Agesilao Greco (altro padre della moderna spadistica nella Penisola è l'altrettanto siculo Athos di San Malato), i quali, per moltissimi versi, ben consci di avere un arma diversa, per quanto strutturalmente compatibile, non fanno altro che recuperare il gioco all'italiana più antico, ovvero quello che arriva alla sua piena maturità fin dalla seconda metà del 1600.

E, a dimostrazione che le cose buone non si buttano mai via, neppure il famigerato Jarnac è stato completamente scordato nel gioco schermistico, tanto che il maestro Kuentz, contemporaneo di tanti altri citati nel presente divertissement, usava il fatidico colpo "ai garretti" in special modo con gli avversari più alti di lui. Curioso però notare come tale colpo, per quanto conosciuto dagli spadisti italiani, sia decisamente da questi ultimi aborrito. Osservandolo, infatti, non si riesce ad evitare di pensare quanto facilmente una riunita in tempo potrebbe risultare fatale a chiunque tentasse di imitare Jarnac oggidì.

Il colpo di Jarnac nella scherma moderna Infallibilmente, entrambe i fratelli Greco menzionano quanto sia pericoloso tentare tale colpo e l'esperienza di chi scrive, francamente, va in toto ad appoggiare tale punto di vista. Ovvio poi, che un punto di vista non nega la fattibilità di un'azione; nulla infatti vieta di immaginare vi possa essere uno schermidore particolarmente veloce o semplicemente portato a tale atteggiamento, vuoi per il fisico vuoi per mille altri fattori che ci rendono tutti dissimili gli uni dagli altri, e in grado di eseguire alla perfezione il colpo alla gamba senza nulla rischiare. Incerti e beltà di una scienza prestata all'arte.

Per insistere ulteriormente su concetti già espressi più sopra, è forse opportuno citare anche Alfonso d'Aldama il quale, a sua volta protagonista della belle èpoque e dei cafeés chantants parigini, dalla fama di brillante duellista, usava però scendere in guardia, subito dopo il fatidico "A voi, signori!" con una mollezza snervante , assumendo nel frattempo un'espressione a quanto pare un po' ebete. E, quando cominciava ad attaccare lo faceva in maniera prevedibile e rigida, parando in modo disordinato i primi attacchi dell'avversario. Ma quando questo, imbaldanzito da tale presupposta incapacità e credendosi superiore, rischiava un affondo pieno, si ritrovava improvvisamente un d'Aldama d'un tratto agile e fiero, in grado di dare una micidiale parata-risposta nello spazio d'un lampo. Ovviamente, tale manovra non sarebbe riuscita due volte; ma nel caso specifico bastava riuscisse una!

E ancora: come si finge un attacco, si può ben fingere anche un'imprudenza. Ad esempio, il Signor Berger, campione di spada nel 1904, non teneva mai né la punta della sua spada né il suo braccio in linea, quasi stringesse in pugno una canna da pesca, una piuma, piuttosto che un cero. Eppure, un leone, anche se dorme, è pur sempre un leone!

Il signor H G Perger campione di spada nel 1904 Controazione (in tempo)

E la zampata chiamata "controazione (in tempo)" può essere in ogni momento pronta a graffiare ferocemente. Suddetta azione, descritta molto efficacemente da Ferdinando Masiello (Scherma Italiana; Firenze 1887), consiste nel partire da un invito, aprendo molto la linea quindi, proprio come il Berger suddetto nella figura, per poi scattare in un affondo sul posto (spingendo la gamba arretrata all'indietro invece che il più tipico scatto della gamba avanzata in avanti) guadagnando contemporaneamente i gradi della spada avversaria, allo stesso tempo angolando il pugno verso l'esterno e puntando al fianco o al ventre dell'avversario. Se mai servisse ripetermi, oramai, ecco un'altra "botta" conosciuta, ma che applicata doverosamente può riservare sorprese per chiunque.

Lambertini - Passata sotto

Passata sottoTutto ciò non è stato scritto per annoiare il lettore oppure allo scopo di indurre facili emozioni. Chi scrive è fortemente convinto che nella scherma si è potuto assistere ad una progressiva stratificazione di concetti, abitudini, approcci tattico/pedagogici e "trucchi da maestro" per almeno tre secoli. Come spiegare altrimenti il permanere di "botte" più o meno "segrete", le quali come già scritto vengono da lontano per poi essere mantenute o reintrodotte in momenti storici successivi, quali l'emblematica "passata sotto" (la "sottobotta" di marcelliana memoria) o l'ancor più caratteristica "inquartata", la quale è dai francesi genericamente ritenuta colpo speciale e caratteristico proprio della scherma italiana?
La "passata sotto" altro non è che la risposta ad un attacco spesso portato alto, al bersaglio esterno (*), come la faccia o la spalla, consistente nel lasciarsi cadere ed allungandosi all'indietro sulla linea d'attacco quasi sempre con l'ausilio in appoggio della mano disarmata, la quale va a terra oppure sul ginocchio. Parte della già citata famiglia dei "cartocci", esiste anche in una versione offensiva, molto più rischiosa, richiedente una presa di tempo all'avversario e un colpo mirato sotto le armi. Pini - InquartataL' "inquartata" consiste invece nel fare uno scarto improvviso, con l'ausilio di un bel colpo di reni e delle buone gambe a sostegno, verso il proprio esterno nel caso l'avversario tiri al bersaglio interno, in modo da fargli incontrare il vuoto e nello stesso tempo colpirlo. Il Cavalier Eugenio Pini, la storia ci tramanda, era particolarmente portato a questo colpo, il quale ironicamente i nostri cugini oltremontani vedono come un nostro marchio di fabbrica nonostante sia stata da loro prima adottata attraverso i maestri italiani del XVII secolo, col nome di "volte" (la nostra botta di croce) o "demi-volte" (il nostro inquarto) –spesso poi i due termini si incrociavano e si confondevano- e poi abbandonata durante il XVIII secolo. Pini - inquartataE' recente poi, nello specifico l'occasione sono stati i campionati europei di scherma da poco trascorsi e tenutisi a Gand (Belgio) nel luglio 2007, la sorpresa che ha colto chi scrive nell'osservare una fiorettista della squadra ungherese prodursi in una bella azione di barrage (**) in maniera piacevolmente simile a quella spiegata a suo tempo all'autore di questo breve saggio. È evidente l'ottica tradizionale che ancora permea gli ambienti più sani di questa nobile arte. Soprattutto in considerazione che la suddetta famiglia di azioni schermistiche è affatto "normale" o trattatistica, ma entra a pieno titolo in quel sapere che si passa all'interno dele Sale d'Armi, vivificando ed irrobustendo la tradizione marziale-sportivo-culturale. Ed ora, dopo quanto si è detto, a quale conclusione pratica si potrebbe addivenire? Il mio personale consiglio è di non preoccuparsi troppo delle botte segrete di qualsivoglia genere. Meglio l'esercizio costante sotto ben sperimentata guida e l'osservazione costante di prudenza. Perché la prudenza costituisce sicuramente la migliore tra tutte le botte segrete.

 

NOTE: (*) : Il bersaglio schermistico, semplificando, si divide in interno ed esterno; comprendendo quest'ultimo genericamente il fianco e la spalla, mentre l'altro il petto ed il ventre. (**) : sotto tale nome vanno alcune azioni molto peculiari atte a sbarrare –appunto- la lama avversaria

Bibliografia: L'articolo è stato elaborato in modo originale dall'autore attraverso l'utilizzo di giornali d'epoca, esperienze personali ed il controllo di alcune fonti primarie, in particolare: -Brantome. Memoirs de Missire Pierre de Bourdeille, Seigneur de Brantome, Contenants les anodectes de la Cour de France, sous le Rois Henry II, François II, Henry III & Henry IV touchant les duels. Leida 1718 -Gelli, Jacopo. Duelli Celebri. Milano 1928.


Accademia Romana d'Armi | Pubblicato il 17/12/2002 a Roma
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